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È un cibo tipico della Sicilia, amato dai siciliani e dai turisti. Eppure questa deliziosa “palla di riso” è da sempre fonte di un acceso dibattito: si chiama arancina o arancino?
Sicilia occidentale contro Sicilia orientale, Palermo contro Catania, maschi contro femmine. Scuole di pensiero che, al di là delle diatriba linguistica, si contendono il monopolio di questa specialità della cucina siciliana.
Per quanto le notizie siano frammentarie, sull’origine dell’arancina/o sembrano non esserci dubbi. Pare che siano stati gli arabi ad introdurre nella cucina locale il consumo di riso e zafferano condito con carne ed erbe. Successivamente, sotto Federico II, fu inventata la panatura dell’arancina/o per rendere la pietanza adatta al trasporto.
Nella parte orientale della Sicilia è tradizione chiamarlo arancino. A sostegno di questa tesi linguistica gli “orientali” fanno riferimento al Dizionario siciliano-italiano del palermitano Giuseppe Biundi il quale chiama arancinu “una vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia”. Seppur l’arancia sia in italiano al femminile, in siciliano spesso i frutti sono declinati al maschile (quindi arancinu). Sempre nella parte orientale della Sicilia l’arancino, a differenza dell’arancina palermitana, ha forma conica (a pera).
Nella parte occidentale della Sicilia l’arancina è fimmina. I palermitani non tollerano che la loro prelibata arancina sia chiamata al maschile (chiara matrice catanese). A suffragare questa tesi il noto scrittore Gaetano Basile ed il docente di linguistica dell’Università di Palermo Giovanni Ruffino secondo i quali il nome della pietanza deriva dall’arancia (da cui prende la stessa forma) che in lingua italiana è al femminile quindi per analogia si dice arancina.
Ognuno ha le sue ragioni, questa diatriba probabilmente non finirà mai. Ciò che rimane immutata, in tutta la Sicilia, è la bontà di questa specialità nostrana: alla carne, al burro o con le verdure l’arancina/o sarà sempre oggetto del desiderio.